lunedì 5 settembre 2011

Balotelli stella in carcere. Ai detenuti: «Non mollate»

FIRENZE, 5 settembre - Racconta la già lunga aneddotica di "balotellate" che un giorno SuperMario si tolse lo sfizio di entrare con la sua auto in un carcere femminile, con una candida spiegazione: «Volevo vedere come era». A distanza di qualche tempo, il giovane attaccante dell'Italia ha soddisfatto definitivamente la sua curiosità. E si è scoperto superstar anche tra i 200 detenuti del carcere fiorentino di Sollicciano, nella giornata particolare della prima visita di una delegazione azzurra a un istituto di detenzione. Pochi minuti per ribaltare il mondo, e mettere al centro dell'attenzione chi è dentro a scontare i propri errori, invece di chi sta fuori a giocare. «Mi hanno chiesto di venire, ho accettato subito, per me è un esperienza e un onore. Quel che vi dico è non mollate, tutti hanno un'occasione nella vita», il messaggio di Balotelli. Breve e intenso, il piccolo bagno di folla tra tifosi particolari ha trasformato per una volta persino Prandelli e Buffon in comparse di pregio. Applausi per tutti e tre, certo, e ancor prima per Gigi Riva, che col viola Gamberini aveva intrattenuto i detenuti con domande e risposte in attesa della fine dell'allenamento e dell'arrivo del trio («mandateci i giocatori del Calcioscommesse», la provocazione di un carcerato, «io con quelle cose non ho nulla a che fare», la risposta di Riva). LE RICHIESTE DEI DETENUTI - Poi, una volta giunti il ct e il capitano della Nazionale, il loro è stato un cameo di lusso di fronte all'entusiasmo scatenato dall'attaccante "coloured", l'unico alla prima esperienza assoluta del genere. Abbracci, richieste di autografi, un vero e proprio assalto prima di salire sul palco della sala cinema. «Torna in Italia», gridava qualcuno a Balotelli; lui, a una delle 15 detenute, africana anche lei, che chiedeva come facesse a reggere la pressione dei media replicava col sorriso: «Sono stato un po' all'Inter, poi non ce l'ho più fatta e sono andato all'estero...». Per un quarto d'ora, insomma, i detenuti hanno messo da parte problemi e dolori. Quelli esposti con lunghe lamentele sulle condizioni di vita in un'ora a tratti anche tesa con Riva e Oreste Cacurri, direttore di un carcere costruito nell'83 per 350 persone e ora affollato di mille condannati per ogni tipo di reato, esclusi quelli di mafia e pedofilia. Al 70% africani, tra i 200 fortunati che hanno inneggiato alla battaglia di Pannella e ottenuto la promessa del rifacimento del campo di calcio, uno ha alzato il dito: «Sono il cugino di Christian Maggio, posso chiedervi di salutarlo?». Istanza accolta. L'OCCASIONE DELLA VITA - Ancor più in secondo piano, d'altra parte, sono passati i piccoli problemi azzurri. A cominciare dal caso Balotelli: «Mario, è vero che vai in campo con l'Ipad?», la prima domanda rivoltagli. «In riscaldamento, non in panchina», ha replicato col sorriso il giocatore. Tra lui e Prandelli è apparsa evidente l'intesa, anche se ieri il ct gli ha lanciato chiaro il messaggio: cerca di evitare atteggiamenti di finta indolenza, dacci sotto perché il futuro è tuo. «Gigi, diglielo tu che ci hai messo due anni per diventar titolare...», l'ironia sottovoce del ct a Buffon che raccontava del suo curriculum azzurro, prima di consigliare a un detenuto depresso di «prendere coscienza che è una malattia, non avere paura delle tue fragilità, e capire che se vuoi la sconfiggi». Ma quel quarto d'ora è volato via a parlare quasi solo di calcio, in un entusiasmo difficile da contenere anche per le guardie carcerarie. «I giovani? Mario è un esempio - ha chiuso Prandelli - ha 21 anni. Dipende molto da lui». A suo modo, anche Balotelli ha l'occasione della vita. Notizia riportata da: http://www.tuttosport.com

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